Come agisce la Magnetoterapia nell'Osteoporosi
La magnetoterapia ha un’azione a livello della membrana degli Osteoblasti e sull'effetto Piezoelettrico dell'osso. Si ha una vivace produzione e deposizione del collagene con maggior ordinamento ed orientamento strutturale, un aumento dell'irrorazione vascolare e un aumento della mineralizzazione e riattivazione delle cellule in quiescenza. Inoltre si ha un aumento della resistenza ossea e aumento dell'attività elettrica (di natura elettrochimica).
Inoltre per i dolori articolari dell'Osteoporosi l'applicazione della Magnetoterapia favorisce un naturale effetto antinfiammatorio e quindi antalgico. Molti medici concordano oggi sulla assoluta convenienza di trattare l'osteoporosi diffusa o localizzata con sedute di Magnetoterapia, con tangibili benefici anche per l'attenuazione dei sintomi dolorosi. Rivolgiti al Tuo Medico.
Fonte: medicinaeoncologia.it
Artrite, Artrosi, Osteoporosi: malattie diverse che vengono confuse
E' importante chiarire il significato di questi termini di uso molto comune, ma spesso interpretati in modo inesatto, perché si tratta di malattie che colpiscono milioni di persone.
Mentre l'Osteoporosi è una malattia dell'osso, l'Artrite e l'Artrosi sono malattie delle articolazioni, ossia di quelle complesse strutture che tengono unite fra loro due o più ossa distinte, in genere permettendo che esse eseguano movimenti reciproci con il minimo attrito. Si distinguono le grandi articolazioni (ginocchio, anca, gomito, spalla), e le piccole articolazioni (polso, mano, piede, vertebre...). Le articolazioni sono tenute insieme da un manicotto fibroso, la capsula articolare, e da complesse strutture a nastro (legamenti). La forma dei capi articolari delle ossa determina le possibilità di movimento reciproco, che possono essere più o meno ampie. Per intenderci, pensate ai movimenti possibili dell'articolazione della spalla e a quelli del gomito: la spalla permette movimenti dell'arto superiore praticamente in tutte le direzioni, il gomito si può solo flettere o estendere (piegare o raddrizzare). Le facce articolari delle ossa sono rivestite di un tessuto estremamente levigato ed elastico, la cartilagine articolare, che permette il movimento reciproco delle ossa con il minimo attrito, grazie anche alla continua lubrificazione assicurata dalla membrana sinoviale (una membrana sottilissima che riveste la faccia interna della capsula articolare).
Ogni alterazione o erosione delle facce articolari determina difficoltà e limitazioni nei movimenti, e soprattutto dolore.
Partiamo dalla condizione meno frequente.
Il termine Artrite indica una malattia articolare determinata da un processo infiammatorio. Le Artriti acute (a parte il Reumatismo articolare acuto) sono assai poco frequenti. Fra le Artriti croniche, la forma più comune è l'Artrite
Reumatoide. Si tratta di una malattia che può colpire a tutte le età, e che dipende da un processo infiammatorio di natura "autoimmune" - una specie di processo autodistruttivo, un'aggressione del nostro organismo contro se stesso -che provoca lesioni delle cartilagini e delle estremità ossee. Colpisce circa l'1% della popolazione, un po' più spesso le donne, in genere tra i 25 e i 50 anni. E' una malattia cronica che deve essere riconosciuta precocemente, richiede uno specifico intervento medico e deve essere curata con molta attenzione, pazienza e perseveranza, per ridurre nei limiti del possibile i danni e le sofferenze.
L'Artrosi è invece una malattia osteo-articolare determinata da un processo degenerativo. E' più corretto parlare di Osteoartrosi, perché oltre alle cartilagini articolari sono sempre interessati anche i capi articolari delle ossa. Si tratta di una malattia frequentissima, che forse colpisce prima o poi, in forma più o meno grave, praticamente tutti coloro che arrivano a una certa età. E' una malattia da usura, nel senso che le articolazioni subiscono un danno che in qualche modo appare legato all'uso, e che si manifesta non improvvisamente, ma con il passare degli anni e dei decenni. Le forme più gravi riguardano spesso categorie particolari di persone, che per vari motivi sottopongono per molti anni le loro articolazioni a stress particolarmente violenti e prolungati. Per esempio, l'Artrosi della Colonna Vertebrale colpisce spesso chi per lavoro fa l'autista, e quindi per molte ore al giorno sta in posizione seduta, trasmettendo direttamente alle vertebre tutte le vibrazioni e le scosse della strada. L'Artrosi dell'Anca e del Ginocchio, forse le forme più invalidanti, sono spesso legate a un forte sovrappeso. L'Artrosi del Gomito e della Spalla è frequente in chi fa per anni lavori manuali pesanti (p.es. chi utilizza mazze, perforatrici, martelli pneumatici). Comunque, come avviene per tutte le malattie, la suscettibilità all'Artrosi è individuale, e a parità di "stress", alcuni avranno un'artrosi grave, altri praticamente non ne avranno.
L'Artrosi non si può "guarire", perché la cartilagine non si rigenera spontaneamente. In genere, la cura dell'Artrosi consiste nell'evitare ulteriori peggioramenti e nel ricorso ad analgesici e antinfiammatori contro il dolore. Nei casi più gravi e invalidanti, oggi, si può ricorrere a interventi chirurgici che sostituiscono l'articolazione colpita (es. anca) con una protesi artificiale. Si tratta comunque di soluzioni estreme, delle quali non è interesse discutere in questa sede.
Per concludere, possiamo dire che:
1) Chi è in sovrappeso andrà incontro più facilmente all'Artrosi, ma almeno in teoria è meno a rischio di Osteoporosi.
2) Chi è colpito da Artrite Reumatoide, sia per la malattia in sè sia per l'uso cronico di certi farmaci ha un rischio aumentato di Osteoporosi. In questi casi, sotto la guida del medico, bisogna attuare una precisa strategia di
prevenzione dell'Osteoporosi.
3) Sfortunatamente, quando si è avanti con gli anni, spesso si soffre contemporaneamente di Artrosi e di Osteoporosi.
Sottolineiamo a questo proposito che l'uso dei farmaci (i cosiddetti FANS), anche quando si tratta di prodotti "da banco" in libera vendita, DEVE essere discusso con il proprio medico. Se il loro uso occasionale è in genere del tutto sicuro, l'uso troppo frequente e prolungato può avere effetti collaterali indesiderati e anche comportare seri rischi.
Fonte: Lega Italiana Osteoporosi Onlus
Algoneurodistrofia
L'Algoneurodistrofia: una sindrome subdola, che per alcuni aspetti ricorda l'osteoporosi poichè coinvolge la struttura ossea, determinandone una significativa alterazione strutturale.
Generalmente interessa un solo distretto corporeo ben identificato, più frequentemente lo scheletro appendicolare, ma anche sedi più prossimali (per esempio le anche). La fascia tra i 40 ed i 60 anni è la più colpita, ma nessuna età ne è esclusa, con una maggior incidenza nel sesso femminile. Il sintomo ricorrente, che preoccupa di più i pazienti, è il dolore.
Tale patologia, nei confronti della quale vi è una indubbia predisposizione individuale, può insorgere dopo un evento traumatico, che abbia comportato un'immobilizzazione non necessariamente lunga, in particolare per le parti distali degli arti superiori ed inferiori. Spesso già durante il periodo dell'immobilizzazione il dolore è più intenso e comporta la richiesta da parte del paziente di rimuovere l'immobilizzazione.
Dopo tale rimozione l'arto può apparire gonfio, rigido più di quanto ci si aspetterebbe in relazione alla lesione iniziale, con cute sottile e talvolta calda. In questo caso la diagnosi clinica è molto semplice e può essere confermata da indagini strumentali. Principe tra queste è la RNM, che evidenzia degli aspetti infiammatori caratteristici; può esere sufficiente anche una semplice radiografia, che però è caratteristica solo per i casi più gravi ed avanzati.
Quando invece non è identificabile un evento traumatico, l'insorgenza è molto più subdola. Il dolore può essere più modesto, comparire solo al carico ed all'uso, migrare, non essere acompagnato da tutti quei segni di infiammazione, che solitamente fanno allarmare i pazienti. Speso il paziente interpella più specialisti, prima di arrivare ad una diagnosi corretta.
La diagnosi precoce è molto importante, perchè riduce i comunque lunghi tempi di guarigione.
Come sopra ricordato esiste una predisposizione individuale a sviluppare tale patologia, anche se i motivi specifici, che ne determinano l'insorgenza, non sono noti. Sembrerebbe avere molta importanza un'iperattività del sistema nervoso simpatico, un'esagerata risposta anti-infiammatoria regionale, eventuale carenza di ossigeno ai tessuti e disturbi del micro-circolo.
E' noto inoltre che alcune patologie la possono favorire: l'infarto del miocardio, il diabete, l'ischemia cerebrale spesso associata ad una emiplegia, l'uso di anti-convulsionanti ed anche l'immobilizzazione tipica delle fratture importanti.
Le manifestazioni cliniche dell'algodistrofia si possono dividere in tre stadi: quello iniziale della durata di circa due o tre mesi, in cui il paziente segnala una persistenza del dolore e diffidoltà nel movimento; si presentano tumefazione ed edema sottocutaneo, con alterazioni del trofismo cutaneo e presenza di instabilità vasomotoria: pallore, eritrosi, subcianosi. Il secondo stadio è caratterizzato dalle alterazioni distrofiche con un regresso delle manifestazioni tipiche del primo stadio. Nel terzo stadio compare atrofia non reversibile con scarso o nullo benficio terapeutico.
Purtroppo in parecchi casi manca, o viene sottovalutato, il primo stadio con passaggio diretto al secondo e la prognosi è qui peggiore sia per la durata che per il presentarsi di segni permanenti di disabilità. Una pronta diagnosi permette di limitare gli esiti disabilitanti con un trattamento farmacologico e fisico.
Il trattamento farmacologico si avvale di farmaci attivi sul metabolismo osseo e viene affiancato da farmaci che agiscono sul dolore; non esiste un farmaco anti-dolorifico più efficace di altri, il singolo paziente può rispondere ad uno piuttosto che ad un'altro.
In realtà la risposta ai farmaci anti-dolorifici è spesso scarsa ed incostante nonchè variabile nei confronti delle varie molecole utilizzate. Questo giustifica un'eventuale cambio di principio attivo in relazione alla risposta.
E' consigliabile una ripresa rapida dell'attività fisica, meglio se in acqua; molto utile l'utilizzo della magnetoterapia CEMP, che va però utilizzata per periodi lunghi anche di 30-60gg con applicazioni quotidiane di 4-8 o più ore. Per tale motivo il trattamento più idoneo è quello domiciliare.
La magnetoterapia CEMP agisce attivando i fisiologici processi di guarigione attraverso la stimolazione della microcircolazione locale. Alcuni specialisti consigliano in aggiunta la terapia iperbarica, anche se risulta di difficile organizzazione e molto costosa per il SSN.
Il processo di guarigione può essere molto lungo e durare, talvolta, anche più di un anno; se interessa la mano può anche esserne compromesso l'uso nella vita quotidiana. Una volta di più si sottolinea l'importanza di una diagnosi precoce e l'aderenza alle terapie consigliate.
a cura di Francesco Piacentini
Specialista in Fisioterapia e Medicina Legale
Artrite reumatoide cos'è, in breve:
Malattia infiammatoria cronica -autoimmune- colpisce in maniera selettiva le articolazioni.
Riguarda più frequentemente il sesso femminile, in particolare in fascia di tra i 40 e 60 anni, più marginalmente in età infantile e senile.
E' la più severa tra le malattie osteoarticolari per danno strutturale, secondario, complicanze extra-articolari, di comorbidità associate e di rischio mortalità.
Come per le altre malattie autoimmuni per esempio il lupus, è lo stesso sistema immunitario ad attaccare i tessuti sani.
Nell'artrite reumatoide il bersaglio privilegiato dagli anticorpi è la membrana sinoviale, quel rivestimento interno della capsula articolare che si riflette ai margini per poi tappezzare le superfici ossee articolari.
E' questa membrana a reagire all'infiammazione, aumentando di volume e dando origine al panno sinoviale, con un'espansione continua fino a provocare la graduale distruzione della cartilagine. Il processo proliferativo nei casi più gravi arriva a toccare le ossa e gli altri tessuti circostanti: osso subcondrale, capsule, tendini, legamenti. Ne deriva la condizione di invalidità di chi ne soffre da tempo.
L'infiammazione può coinvolgere: vasi sanguigni, le sierose, muscoli, polmoni, reni, il cuore, il sistema nervoso centrale, periferico, l'apparato visivo, quello emopoietico.
La causa dell'artrite reumatoide non ancora completamente nota, è di certo multifattoriale. Sono stati individuati molteplici fattori di rischio coinvolti nella patogenesi della malattia, quali i fattori genetici ed ambientali. Tra i fattori non genetici l'età, il fumo, l'alimentazione, fattori ormonali ed agenti di natura infettiva.
La malattia si presenta con dolore, gonfiore, rigidità al movimento e successiva perdita della funzionalità delle articolazioni coinvolte. Il dolore è comunque il sintomo principale, spesso difficilmente quantificabile è caratteristico perchè presente anche a riposo, tende addirittura a migliorare con il movimento.
La rigidità articolare, più intensa al risveglio, può durare per ore e per l'intera giornata.
La perdita della funzionalità può essere causata dalla sinovite in fase iniziale, e dalle deformità articolari ed anchilosi in fase avanzata.
Le articolazioni possono essere comunemente coinvolte in modo bilaterale e simmetrico.
Diagnosi e terapie: necessariamente rivolgersi del medico
Artrosi:
L'Artrosi è una malattia reumatica cronica caratterizzata da lesioni degenerative della cartilagine articolare.
Il processo può non coinvolgere solo la cartilagine ma colpire l'intera articolazione, incluso l'osso subcondrale, la membrana sinoviale, i legamenti, la capsula e muscoli peri-articolari.
E' certamente la più comune delle malattie dell'apparato muscolo-scheletrico; in Italia coinvolge 4 milioni di persone, il 12,1% della popolazione.
La prevalenza dell'artrosi aumenta con il progredire dell'età, è più alta nei soggetti di sesso femminile e nei soggetti in sovrappeso.
Il processo degenerativo può coinvolgere la cartilagine con lesioni tipicamente a macchia di leopardo ed esitare in una serie di modificazioni che conducono alla perdita della cartilagine articolare stessa. Ne consegue un'attrito per contatto dei capi ossei contrapposti, che si danneggiano per frizione.
I distretti più colpiti sono: ginocchio, anca, colonna, mano; quando aggressiva anche bilateralmente.
L'artrosi ha come sintomi caratteristici: dolore, rigidità, limitazione funzionale. Il dolore spesso inizia in maniera insidiosa, profonda, non presente a riposo e focalizzato nelle articolazioni coinvolte; è di tipo meccanico perchè compare e si accentua con il carico articolare, durante la stazione eretta mentre tende a regredire durante le ore notturne quando a riposo; tipicamente differente dal dolore da artrite che persiste invece anche a riposo.
La rigidità è perlopiù mattutina della durata di pochi minuti che si risolve muovendo l'articolazione. Può associarsi una certa limitazione funzionale reversibile nella fase iniziale della malattia e più stabile negli stadi avanzati quando subentrano le deformità articolari.
Può comparire gonfiore caratterizzato da tumefazione.
Caratteristici in seguito alla mobilizzazione sono gli scrosci articolari (cric-crac) prodotti dallo sfregamento dei capi articolari non più rivestiti e protetti dalla cartilagine.
Numerosi i fattori anche associati che possono condizionare lo sviluppo dell'artrosi, prima fra tutti è l'età, quindi il sesso, fattori meccanici, usura, sovrappeso, fattori genetici e malattie endocrino-metaboliche, uso prolungato di determinati farmaci.
Riguardo ai microtraumi continuati: conseguenti a malformazioni articolari o attività quotidiane, occupazionali e sportive agonistiche e non, anch'essi possono avere un ruolo critico nella genesi di alcune forme di artrosi.
Diagnosi e trattamenti: necessariamente rivolgersi al proprio medico
Edema della spongiosa ossea subcondrale
L'Edema è un ristagno di liquido corporeo che provoca solitamente gonfiore. Per esempio nei soggetti affetti da gonfiore alle caviglie.
Quando l'Edema riguarda l'osso, viene diagnosticato dopo esame a mezzo di RMN (risonanza magnetica) come: Edema della Spongiosa ossea subcondrale.
In tali casi l'Edema affligge una delle tre parti di cui è fatto l'osso, in particolare quella più vicina all'articolazione che, essendo simile ad una spugna, prende il nome di osso spongioso o semplicemente spongiosa.
La spongiosa è strutturata da trabecole ossee: una sorta di impalcatura ad intreccio di osso, che segue le linee di forza lungo le quali l'articolazione distribuisce il carico.
La parte "subcondrale" della spongiosa ossea ancor più precisamente è quella appena sotto la cartilagine: l'edema in questo caso provoca una condizione di sofferenza dello strato di tessuto localizzato appena sotto la cartilagine.
Da considerare che l'osso spongioso subcondrale è il primo a ricevere e distribuire tutti i carichi derivanti dal lavoro dell'articolazione.
Le cause: differenti, comunemente un trauma, come una distorsione che provoca un contatto violento delle cartilagini.
Quando il referto della RNM riporta edema della spongiosa ossea subcondrale?
E necessaria una visita medica per chiarirne la causa, soprattutto in caso di riscontro senza trauma, quindi l'adeguato percorso terapeutico da intraprendere per evitare la possibilità di peggioramento del quadro.
Rivolgiti sempre al Tuo medico.
A cura di: ATTIVA Team
Osteonecrosi alla testa del femore
L'osteonecrosi alla testa del femore è il risultato di un processo patologico caratterizzato da un'insufficiente perfusione ematica con conseguente necrosi (morte) del tessuto osseo in un'area delimitata, come nell'immagine.
Nella maggioranza dei casi l'osteonecrosi può indurre la degenerazione dell'intera articolazione interessata, con un collasso osseo quando in stadio avanzato.
Il caso di osteonecrosi della testa del femore interessa prevalentemente il sesso maschile tra la terza e la sesta decade di vita, nel 50% dei casi bilateralmente.
Il dolore è il sintomo di esordio, con insorgenza improvvisa, riferito all'inguine, spesso presente anche a riposo, si aggrava con carico e deambulazione.
Il paziente talvolta è claudicante anche in assenza di segni neurologici.
La diagnosi differenziale in questa fase include: Coxartrosi in fase iniziale, fratture da stress, artriti asettiche, dolori neurologici, sinoviti, borsiti, lesioni; con cause riconducibili a condizioni di natura traumatica e non traumatica.
Se nel primo caso è facile supporre un'interruzione o diminuzione della perfusione ematica, in tutti gli altri casi la patogenesi rimane difficile da capire, propendendo così più a stabilire i fattori che possano indurre la malattia:
-mutazioni o varianti genetiche che predispongono a ipercoagulabilità;
-microtrombosi scatenate da eventi "epigenetici";
-molte, possono sottendere a turbe della coagulazione non diagnosticate.
Ci sono osteonecrosi secondarie per assunzione cronica di cortisonici con incidenza diversa a seconda della malattia per la quale il corticosteroide era stato somministrato.
In quanto alla diagnosi, è il Medico che disporrà esami specifici, come le radiografie tradizionali ed eventualmente la RNM, al fine di definire meglio la lesione per estensione e grado, quindi pianificare gli interventi necessari.
L'osteonecrosi alla testa del femore, spesso asintomatica negli stadi più precoci, purtroppo porta il paziente a rivolgersi al proprio medico tardivamente, quando la fase iniziale della patologia dove i trattamenti potrebbero essere meno invasivi e più efficaci, è oramai superata.
A cura di: ATTIVA Team
Magnetoterapia: feedback negativi
La Magnetoterapia: qui trattiamo esclusivamente della Magnetoelettroterapia a campi magnetici variabili monodirezionali a bassa intensità -CEMP-, un importante strumento terapeutico naturale e non invasivo che pone su due fronti medici e pazienti: i sostenitori e coloro che ne considera irrilevante l'efficacia.
Affrontando la questione senza schierarsi -e per questo forse deludendo il lettore inesperto- intendiamo invece qui considerare le ragioni di entrambe le parti. Dall'esperienza maturata dalla scrivente, i Feedback delle applicazioni domiciliari con dispositivo CEMP sono considerati: Negativi quando lasciano invariato il quadro clinico di inizio trattamento del pazinte e Positivi quando si risolve o si rileva un miglioramento tangibile del quadro clinco di inizio trattamento del paziente; in entrambi i casi si prendono in riferimento gli esiti del controllo che il paziente effettua presso il proprio medico dopo il trattamento.
Non si procederà in questa sede ad esaminare i Feedback Positivi ne le casistiche di successo, per non tediare e rischiare di apparire accondiscenti rispetto ad una sola parte dei lettori.
Interessante piuttosto catalogare i Feedback Negativi per motivazioni riferite dal Paziente, che abbiano contribuito in modo rilevante all'insuccesso terapeutico: 1 sottodosaggio; 2 errori nell'applicazione; 3 quadri estremi.
1 Sottodosaggio: la più comune causa di inefficacia, il paziente si convince nel fai da te che mezz'ora al giorno sia una tempistica ragionevole, spesso con applicazioni disordinate a giorni alterni. Mentre i trattamenti della maggior parte delle patologie osteomuscolari hanno bisogno di 4-8 ore al giorno, per rigenerare naturalmente e lentamente i processi di riparazione che partono dalla cellula e attivano la ricrescita di ogni tessuto. In maniera naturale, riportando il potenziale di membrana cellulare alla tensione ottimale per garantire il miglior funzionamento del sistema immunitario, l’espulsione delle tossine, la massima produzione di energia, l’attivazione della circolazione, attivando eritrociti e facendo ripartire subito il microcircolo periferico. Va da sè che il Paziente non debba essere lasciato solo durante il suo percorso applicativo; per ridurre al minimo l'abbandono terapeutico è anzi essenziale istruirlo sull' aspetto, redigendo anche un piano orario applicativo personale, quindi nel rispetto dei reali impegni del soggetto, distribuendone i trattamenti in diurna e notturna nell'ottica della massimizzazione del delta applicativo.
2 Errori nell'applicazione: una causa altrettanto diffusa che si nutre delle leggende da chiunque reperibili in rete: per questo non è scontato qui ribadire come i trattamenti di magnetoterapia CEMP siano efficaci comunque solo su parte applicata, NON esiste un dispositivo applicato ai piedi che rifletta effetti benefici ad altre parti del corpo o viceversa. Ogni trattamento richiede anzi il corretto posizionamento dei diffusori a pena dell'inefficacia. L'errore si evita solo facendo vedere al Paziente come applicare il dispositivo al corpo trattando in modo specifico la sua patologia. Va evitata la generalizazione delle applicazioni riportate nelle istruzioni d'uso cartacee dei dispositivi, o derivanti dallo "stato di informazione zero" che il paziente riceve quando si procura un dispositivo per magnetoterapia ove prevalgono più le ragioni commerciali piuttosto che l'interesse di risolvere ed intervenire sullo specifico problema del paziente; è un circo facilmente riconoscibile perchè decanta fantomatiche potenzialità semplicistiche degli apparecchi proposti, avvallando colposamente nel paziente vane convinzioni, inducendolo all'utilizzo nel fai da te domestico.
3 Quadri estremi: un esempio calzante è un'articolazione oramai compromessa per usura, destinata alla sostituzione con mezzo protesico; un quadro grave ove su valutazione del medico si procede alle applicazioni CEMP. Qui spesso il Paziente si illude grazie alle leggende del Dr.Google che la terapia CEMP in qualche modo eviterà la soluzione chirurgica, nel mentre viene raccomandata dal medico solo come valido aiuto, in un ottica di miglioramento dello stato infiammatorio dei tessuti articolari, arrivando quindi all'intervento con una situazione generale dell'articolazione meno complessa, che aiuterà il paziente nel recupero post intervento.
A cura di: Attiva team 2019
C.e.m.p.
L'elettromagnetoterapia pulsata C.e.m.p. -qui solo per comodità espressiva seguiteremo a chiamarla magnetoterapia o C.e.m.p.- è un trattamento terapeutico che può essere svolto a carico del Servizio Sanitario Nazionale presso strutture pubbliche come Ospedali e Cliniche, anche private, purchè convenzionate. E' necessaria l'impegnativa del proprio medico. Se il paziante rientra in esenzione ticket, non dovrà versarne l'importo che, nel caso, varia a seconda del trattamento richiesto e/o della parte del corpo da trattare. Solitamente le sedute durano dai 30 ai 45 minuti. Tempi di attesa da verificare con la struttura.
Come noto, la spesa per il noleggio o acquisto di un dispositivo per magnetoterapia è fiscalmente detraibile, con i parametri previsti dalla normativa fiscale attuale, per il soggetto privato che la sostiene. Non serve la prescrizione medica. E' essenziale invece presentare la fattura o lo scontrino fiscale parlante, che riporti per esteso la descrizione del dispositivo completa di codifica, o documentazione dalla quale risulti che il dispositivo per magnetoterapia noleggiato od acquistato abbia la marcatura CE.
Sono innumerevoli i trattamenti di magnetoterapia raccomandati dai medici ai loro pazienti ogni giorno.
Sono migliaia di studi clinici validati nella medicina ufficiale e pubblicati.
Il sistema sanitario, fiscale e medico rimane quindi orientato positivamente e propenso. Tuttavia il dibattito sull'efficacia dei trattamenti rimane accesa, ma come si alimenta?
Una volta prescritta, il paziente, lasciato solo, si perde nel circo delle offerte dei dispositivi con leva unica il prezzo; apparecchi di efficacia generalizzata; diffusori con avvolgimenti insufficienti per la destinazione d'uso specifica, con una perfusione tissutale non misurata alla precisa problematica; e la scelta del dispositivo concorre assieme alla disinformazione sull'applicazione, all'errore iniziale che vanifica la bontà terapeutica C.e.m.p. Anche il medico, non potendo consulatre i parametri di efficacia dei trattamenti, che continuano a non essere diffusi, si trova in difficoltà nell'orientare il paziente alla corretta terapia C.e.m.p. . Sul paziente quindi, per disporre di una adeguata postazione C.e.m.p. al domicilio, che quì comunque rimane l'ambito applicativo preferito per gli ampiamente citati aspetti positivi in termini di durata delle applicazioni, incombe l'onere di informarsi presso gli operatori, come metro di giudizio la loro competenza specifica, diffidando dalle informazioni non particolarizzate e slegate dalla personale patologia ed alle proprie necessità terapeutiche.
A cura di: Attiva team 2019
Questa è la dimesione della piaga dei nostri tempi: l'Osteoporosi
E dietro i numeri ci sono storie di sofferenze personali e familiari che nessuna cifra può rendere con precisione. Un bilancio destinato ad aggravarsi ancora: per il 2025 è previsto un incremento del 29% del numero di fratture causate da questa piaga sociale. Se ne è parlato a Roma, da parte di un gruppo di esperti che collabora con la Fondazione Internazionale per l’Osteoporosi (IOF): Maria Luisa Brandi, Presidente della Fondazione Italiana per la Ricerca sulle Malattie dell’Osso: F.I.R.M.O. e Professore dell’Università di Firenze, Jean Yves Reginster dell’Università di Liegi, Juliet Compston dell’Università di Cambridge, John A. Kanis dell’Università di Sheffield e René Rizzoli dell’Università di Ginevra.
DUE NUOVI STRUMENTI - L’occasione era il lancio di SCOPE-Scorecard per l’Osteoporosi in Europa e la pubblicazione del Rapporto UE 27, due strumenti che permettono di conoscere nel dettaglio e confrontare tra loro i dati relativi all’impatto e alla gestione dell’Osteoporosi nei 27 Stati dell’UE, per aiutare e sollecitare i singoli governi a intraprendere iniziative che saranno tanto più efficaci quanto più armoniche e bilanciate. Il progetto SCOPE ha portato all’elaborazione di una scheda di valutazione dell’incidenza dell’Osteoporosi in Europa, che ha messo a confronto i dati relativi a quattro indicatori fondamentali di ciascun Paese: l’impatto attuale della malattia e la previsione di evoluzione nei prossimi quindici anni; il quadro delle istituzioni politiche e dei programmi di salute pubblica disponibili; i servizi esistenti per la diagnosi e la terapia; la capillarità e tempestività nell’utilizzo dei servizi. Ne è emerso un tessuto quanto mai diversificato, dove a realtà più avanzate si contrappongono situazioni più precarie, in cui gli indicatori di valutazione sono incompleti, se non addirittura inesistenti. Meno della metà degli Stati membri dell’UE riconosce l’Osteoporosi come una priorità per la Salute Pubblica, contro cui occorre agire immediatamente.
COSTI INSOSTENIBILI - Il professor Reginster Presidente della Società Europea per gli Aspetti Clinici ed Economici di Osteoporosi e Osteoartrosi, e Docente di Epidemiologia, Igiene e Sanità Pubblica ed Economia sanitaria all’Università di Liegi, ha messo in luce come i Costi – economici e sociali – dell’Osteoporosi già oggi non siano più sostenibili ne lo saranno in futuro, visto che l’invecchiamento della popolazione europea causerà un incremento sensibile di questa malattia, facendoli lievitare di un altro 29% appunto. Ma perché gli interventi siano concreti ed efficaci, devono essere mirati e coordinati. Oggi, rilevato la professoressa Compston, Presidente del Gruppo di Consultazione dell’Unione Europea per l’Osteoporosi e professore di Medicina Ossea e Medico consulente Onorario all’Università di Cambridge, i dati relativi ai singoli Stati dell’UE possono essere comparati per la prima volta in modo organico proprio grazie a SCOPE, migliorando la consapevolezza del problema. Infatti, come ha illustrato il Professor Kanis, Presidente della Fondazione Internazionale Osteoporosi, Professore Emerito di Metabolismo Umano all'Università di Sheffield e Direttore del Centro OMS per le Malattie Osteo-metaboliche, SCOPE permette di incrociare a più livelli i dati relativi alla situazione dei 27 Stati UE offrendo una piattaforma per stimolare un approccio corretto e uniforme.
PREVENZIONE - La Professoressa Brandi, Presidente della Fondazione Italiana per la Ricerca sulle Malattie dell’Osso, F.I.R.M.O. e Professore Ordinario di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo all’Università di Firenze, ha spiegato come, a causa della longevità degli italiani, la nostra situazione sia molto vicina all’emergenza e, auspicando che le forze politiche recepiscano il messaggio che arriva da questo strumento innovativo, ha fatto notare come la spesa relativa alla prevenzione sia solo il 2% dell’insieme. Anche se la situazione italiana non è tra le peggiori in Europa, occorre senza dubbio aumentare, migliorare ed estendere le cure e la prevenzione: solo in questo modo si potrà avere in futuro una diminuzione delle spese e del carico sociale. Anche il professor René Rizzoli, Presidente del Comitato di Consulenza Scientifica della Società Europea per gli aspetti Clinici ed Economici di Osteoporosi e osteoartrosi (ESCEO) e Consigliere IOF, nonché Professore di Medicina presso l’Ospedale Universitario di Ginevra, ha infine auspicato l’adozione di linee guida comuni per valutare un rischio, quello delle fratture che, se non esclude gli uomini, è più incisivo nelle donne in età post-menopausa, variando molto da Paese a Paese. Nello stilare questa tabella il gruppo ha dunque stabilito un punto di partenza essenziale per migliorare la gestione di questa malattia aumentando la consapevolezza della cura a livello comunitario..
Osteoporosi: Cos'è, Come nasce, Come si manifesta, Come si scopre
Cos'è:
L’Osteoporosi è una malattia attualmente molto frequente; negli ultimi 50 anni si è avuto un netto incremento della prevalenza di questa condizione patologica, causato da una maggiore esposizione a quelli che sono i principali fattori di rischio.
L’invecchiamento, l’abuso di sigarette, in particolare nelle donne, la diminuita attività fisica,il minore apporto di calcio con l’alimentazione e l’introduzione di acque oligominerali, povere di questo elemento, sono tutti fattori che predispongono l’organismo ad una perdita della massa ossea come si verifica nell’Osteoporosi.
La riduzione della massa ossea (BMD) che si verifica nella malattia osteoporotica porta ad un aumentato rischio di fratture patologiche, che è del 30% nelle donne e del 15% nell’uomo. Si è visto che nelle donne la mortalità per fratture è addirittura superiore a quella per carcinoma mammario.
L’Osteoporosi può essere classificata in primitiva, quando non è associata ad altre malattie, e secondaria, quando è causata da malattie endocrine, reumatiche, malassorbimento e farmaci.
Cos'è:
L’osso è un tessuto in continuo rimodellamento, grazie dall’attività delle cellule che lo compongono che sono gli Osteoblasti, deputati alla formazione dell'osso e gli Osteoclasti, responsabili del riassorbimento dei minerali dell’osso.
La massa ossea presenta variazioni fisiologiche in rapporto all’età e al sesso; dalla nascita fino all’età di 20-25 anni la nuova formazione di osso prevale sul riassorbimento fino a raggiungere un picco massimo, che rappresenta il capitale osseo di cui si dispone, all’età di 30 anni. Questo rimane stabile per un periodo compreso tra i 30 e i 40 anni; successivamente si ha una lenta e progressiva diminuzione della massa ossea, che è maggiore nella donna rispetto all’uomo. La quantità di massa ossea, a parità di età, è superiore nell’uomo.
Il processo di rimodellamento del tessuto osseo è sotto il controllo di numerosi fattori come gli stimoli meccanici locali e gli ormoni come estrogeni, androgeni, ormone della crescita (GH), paratormone (PTH) e la vitamina D.
Nell’Osteoporosi si ha un bilancio osseo negativo cioè la formazione di nuovo osso è inferiore al riassorbimento, con conseguente patologica riduzione della massa ossea.
I meccanismi patogenetici che determinano la malattia sono diversi nelle diverse forme di Osteoporosi; nell’Osteoporosi post-menopausale la malattia si ha a causa della carenza di estrogeni, i quali partecipano al processo di mineralizzazione dell’osso, mentre nella forma senile si ha una riduzione delle cellule che normalmente partecipano al riassorbimento ed una loro minore attività.
Nell’Osteoporosi da steroide sono molteplici i fattori che concorrono all'aumentato riassorbimento osseo; il bilancio osseo negativo è tanto maggiore quanto maggiore è la durata della terapia.
Come si manifesta:
La malattia è clinicamente silente fino a che la perdita di massa ossea è tale da determinare fratture; nelle fasi iniziali o nelle forme lievi possono comparire dolore e deformazioni ossee.
Dolore:
è di tipo meccanico, compare cioè con il carico ed aumenta progressivamente con l’aumentare dello sforzo; è assente di notte e durante il riposo.
Deformazioni ossee:
interessano la colonna vertebrale e si manifestano con riduzione della statura e accentuazione della cifosi dorsale (gobba) dovuta a cedimenti multipli dei corpi vertebrali.
Le fratture interessano più frequentemente il polso, le vertebre, ed il femore sebbene ogni struttura scheletrica possa essere coinvolta per minimi traumi. Le più comuni sono le fratture vertebrali multiple, soprattutto nell’Osteoporosi post-menopausale, mentre nelle forme senili e da farmaci sono più colpite le ossa lunghe; non raro è il riscontro di fratture femorali negli anziani.
Come si scopre:
La scarsa sintomatologia a cui la malattia si accompagna rende difficoltosa una diagnosi precoce, e quindi un adeguato trattamento dell’Osteoporosi. Il quadro clinico e i dati anamnestici sono utili a porre il sospetto della malattia e a fornire, con la ricerca dei fattori di rischio, le indicazioni per l’esecuzione di esami strumentali diagnostici. Questi sono in grado di quantificare la massa ossea; le normali radiografie sono infatti in grado di rilevare la diminuzione della densità ossea in uno stadio abbastanza avanzato, quando la perdita di minerali ha ormai raggiunto il 25-40%. L’esame di riferimento, “gold standard”, per la diagnosi è l’analisi della densità ossea a raggi X effettuata mediante la Mineralometria Ossea Computerizzata (MOC) che fornisce un dato quantitativo del contenuto di calcio nello scheletro che viene poi confrontato con il valore medio di riferimento ricavato da adulti sani di 25-40 anni di età (fascia di età in cui la quantità di massa ossea è stabile e l’incidenza di fratture minima). La Densitometria è raccomandata:
• nelle donne che, nel periodo post-menopausale, hanno avuto una frattura;
• nelle donne che, sempre nel periodo post-menopausale, hanno meno di 65 anni di età e uno o più dei fattori di rischio e
• nelle donne con età superiore ai 65 anni.
Attualmente ha trovato larga diffusione una nuova metodica ad ultrasuoni per la misurazione della massa ossea che viene eseguita a livello del calcagno o delle falangi delle dita della mano.
Altri esami di laboratorio possono essere utili nel confermare la diagnosi e per escludere un’Osteoporosi secondaria ad altre malattie.
Fonte: Annalisa Marchetti, Lucia Limiti, Michele Sediari, Vincenzina Calabrese,
Maria Giovanna Danieli Clinica Medica, Dipartimento di Medicina Interna, Malattie Immuno-allergiche e
respiratorie, Azienda Ospedali Riuniti di Ancona
Diversi tipi di Osteoporosi
Si parla quindi di Osteoporosi senile o meglio, nella donna, di Osteoporosi post-menopausale. L'Osteoporosi post-menopausale è legata essenzialmente alla brusca caduta del livello degli estrogeni, gli ormoni sessuali necessari, tra l'altro, per il normale metabolismo osseo. Nel sesso maschile, l'Osteoporosi senile colpisce più tardivamente sia perché l'uomo ha in genere in partenza, per motivi genetici, un osso più robusto e più ricco di calcio, sia perché la caduta degli ormoni sessuali maschili è molto più lenta e graduale.
Esistono anche forme di Osteoporosi giovanile, che possono colpire a tutte le età. Queste forme sono decisamente meno frequenti dell'Osteoporosi post-menopausale.
Nel caso di riscontro casuale di Osteoporosi in una persona sotto i 50 anni, per esempio a seguito di una frattura, si deve di solito pensare a una Osteoporosi secondaria, cioè dovuta a una causa che deve essere ricercata e se possibile identificata.
Esistono molte forme secondarie di Osteoporosi, dovute a malattie di diversa natura: riconosciuta e messa sotto controllo la malattia primaria che ne è la causa, spesso l'Osteoporosi può risolversi, dato che nelle persone più giovani esistono buone possibilità di recupero della massa ossea.
Le malattie che più spesso sono causa di Osteoporosi, non sempre facilmente riconosciute perché povere di segni e sintomi rilevanti, sono:
- le malattie che determinano malassorbimento intestinale, e che quindi non permettono un assorbimento ottimale del calcio alimentare (malattia di Crohn, celiachia, ecc.);
- le malattie che portano a una ridotta assunzione alimentare di calcio, come l'anoressia nervosa;
- le malattie che determinano, in generale, un cattivo stato metabolico, e che in particolare determinano un'insufficiente disponibilità dei metaboliti attivi della vitamina D (malattie ostruttive respiratorie croniche, insufficienza renale cronica, epatopatie croniche);
- le malattie che determinano una continua perdita di calcio con l'urina (ipercalciuria idiopatica);
- le alterazioni del sistema endocrino che interferiscono con la regolazione del metabolismo osseo (ipogonadismi; menopausa precoce (prima dei 45 anni); amenorree prolungate (>1 anno); iperparatiroidismo; ipertiroidismo; malattia di Cushing; iperprolattinemia);
- malattie che interessano direttamente l'osso, come il mieloma multiplo;
- malattie che riducono fortemente l'attività fisica o che richiedono lunghe cure a base di cortisone (artrite reumatoide, lupus eritematosus sistemico, fibrosi cistica, distrofia muscolare, trapianti d'organo, ecc.);
- malattie che richiedono l'uso cronico di particolari farmaci (oltre ai corticosteroidi già citati: eparina, anticonvulsivanti, antiacidi).
Ripetiamo: una corretta diagnosi e la consapevolezza che certe malattie possono direttamente o indirettamente causare Osteoporosi permettono di prendere tutte le misure necessarie per prevenire o ridurre i danni subiti dall'osso.
Fonte: Lega Italiana Osteoporosi Onlus